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Il paese



San Teodoro è un comune sparso di 4.844 abitanti della provincia di Olbia-Tempio, nella regione storica della Gallura e sorge nell'immediato entroterra alle pendici orientali del massiccio di monte Nieddu.

L'attuale nome del paese deriva dalla chiesa parrocchiale, dedicata a San Teodoro di Amasea, soldato romano d'oriente, martire del IV secolo d.C. Le prime tracce chiaramente documentate della presenza dell'edificio risalgono solo al XVII secolo, ma il territorio era abitato già da secoli.

Ritrovamenti di resti preistorici e nuragici lo comprovano. Il caso più evidente è quello del nuraghe (in gallurese naracu) della borgata Naracheddu, di cui attualmente restano solo alcuni filari di pietre, ma che fino agli anni '40 del XX secolo risultava in ottime condizioni e raggiungeva l'altezza di sette metri. Si segnala anche il piccolo nuraghe in tanca Lu Naracu, al confine tra Budoni e San Teodoro, disposto in posizione elevata lungo la costa, con possibile funzione di controllo della fascia costiera. Altre strutture murarie risalenti a quei secoli sono state rinvenute nel territorio teodorino, ma il lavoro di valorizzazione del patrimonio archeologico locale è fermo alla fase di ricerca e prima divulgazione delle scoperte.

L'Itinerarium Antoninianum, documento del III secolo d.C., attesta l'esistenza di un centro abitato all'epoca della dominazione romana. La località, denominata Coclearia, nome di cui non restano altre testimonianze scritte, potrebbe con buona probabilità essere localizzata nelle vicinanze dell'attuale centro abitato principale di San Teodoro. Ritrovamenti archeologici, esposti presso il museo locale (il "Museo del Mare"), rafforzano tale ipotesi.

Dalla fine dell'età classica e per l'intero periodo alto-medievale, le vicende del territorio teodorino risultano pressoché totalmente avvolte nell'oscurità, sebbene il nome della parrocchiale, riferito ai culti della chiesa cristiana d'oriente, potrebbe autorizzare l'ipotesi della presenza di strutture di culto cristiano all'epoca del dominio bizantino in Sardegna. Presenza, quella bizantina, confermata da alcuni ritrovamenti funerari, attualmente conservati presso il museo locale. Le prime documentazioni scritte finora rintracciate sul territorio risalgono al tardo periodo giudicale, a partire dai primi anni del XIV secolo d.C. Il territorio faceva parte del Giudicato di Gallura, che nella fase finale della sua storia passò in possesso del comune di Pisa. Nello specifico, Il territorio ora suddiviso tra i comuni di San Teodoro e Budoni, era disseminato di numerosi piccoli centri abitati, detti "ville", in buona parte scomparse nei secoli successivi, di cui al giorno d'oggi non si è ricostruita con certezza la localizzazione. Tra i toponimi documentati in quegli anni colpisce quello di Offolle, che con tutta probabilità è la prima attestazione scritta del toponimo evolutosi fino ai giorni nostri in Oviddè.

Questo territorio era collegato con il principale centro urbano gallurese, Civita (in epoca pisana ribattezzata come Terranova, l'attuale Olbia), attraverso una strada, che dai pressi del castello di Pedres scendeva verso sud passando attraverso una località il cui nome, "Ùttaru Pisanu" (viottolo, vicolo pisano) potrebbe risalire all'epoca della dominazione pisana. La strada, giunta alle falde di monte Almuttu, portava poi all'agro nelle vicinanze dello stagno, per dirigersi verso gli altri centri costieri a sud dell'attuale San Teodoro. Presumibilmente tale strada ricalcava il percorso della viabilità di epoca romana, ipotesi rafforzata dalla presenza nel territorio, nelle borgate di L'Alzoni e di Budditogliu, di due pietre miliari romane, purtroppo anepigrafi (senza scritta).

Le ultime notizie sulle ville della zona risalgono alla metà del XIV secolo. In seguito, forse a causa delle gravissime pestilenze che colpirono l'Europa, di buona parte di tali comunità si perde ogni traccia.

Viaggiatori e geografi del XVI secolo, tra cui Giovanni Francesco Fara, descrivono il territorio teodorino e le zone costiere della Gallura come lande boscose e semi-spopolate frequentate da pastori transumanti. Varie cale e calette della zona erano frequentate da navi barbaresche, situazione quest'ultima che si sarebbe protratta fino ai primi del XIX secolo.

Tracce di un ritorno alla vita si avranno solo alla fine del Seicento, come risulta da alcune carte conservate all'archivio della Diocesi di Tempio-Ampurias e dai documenti degli archivi di stato della Sardegna, in cui si testimonia l'esistenza all'epoca di insediamenti di coloni tempiesi nell'area allora nota sotto i nomi di Offude/Ovodde/Ovoddè/Oviddè, probabili derivazioni del medievale Offolle.

Il territorio fece parte, fin dall'introduzione del feudalesimo in Sardegna, effettuata in seguito alla conquista aragonese dell'isola nel XIV secolo, di un feudo che comprendeva grosso modo gli attuali comuni di Posada, Siniscola, Torpè, Lodè, Budoni e San Teodoro. Tale feudo fu noto nel corso dei secoli con vari nomi, tra cui quello di Contea di Montalbo, o Baronia di Posada. il suo centro amministrativo principale era inizialmente Posada.

Con il riscatto e la successiva eliminazione dei feudi sardi attuati dalla Casa Savoia nella prima metà dell'Ottocento, cui fece seguito la formazione dei moderni comuni, il territorio di San Teodoro d'Oviddè continuò a rimanere accorpato al comune di Posada, che mantenne per lungo tempo svariati territori dell'ex feudo. Già in quegli anni, però, la zona di San Teodoro, così come parte dell'attuale Budoni, era, come su accennato, popolata da coloni di origine tempiese. Questi, avvertendo la necessità di una maggiore autonomia, nonché consapevoli di una serie di differenze culturali (per esempio, linguistiche) che li distinguevano dalla popolazione delle Baronie, richiedevano in modo sempre più deciso il distacco dal comune di Posada. I legami tra la Gallura e la vicina Corsica, caratterizzati, per esempio, da una grande somiglianza di linguaggio, erano avvertiti anche dagli abitanti della vicina Baronia, che fino a pochi decenni fa chiamavano i teodorini e i budonesi di cultura gallurese con il termine sos corsesos (i corsi).

Nel 1927, in epoca fascista, il comune di Posada e con esso San Teodoro, venivano inclusi nell'ambito della nuova provincia di Nuoro, rendendo così ancora più forte il distacco amministrativo di San Teodoro dal resto della Gallura, che invece faceva parte della provincia di Sassari.

Indicativa della diversità culturale che separava Posada e i limitrofi centri delle Baronie dai territori settentrionali del feudo (comprendenti, come già detto, gli attuali comuni di San Teodoro e parte del territorio di Budoni) e, in seguito, del comune, è, tra l'altro, l'appartenenza di tali territori alla diocesi attualmente nota come Tempio-Ampurias, che comprende i territori storici dell'Anglona e della Gallura. Tale appartenenza è comprovata perlomeno dal XVII secolo, ed è prova certa dei legami culturali della comunità teodorina con la realtà gallurese.

La discrepanza, durata a lungo, tra confini amministrativi e confini culturali, ha contribuito a far sì che ancora adesso il comune di San Teodoro venga da alcuni ritenuto parte dell'Alta Baronia e, da altri, invece, della Bassa Gallura. Le due distinzioni, in realtà non si escludono necessariamente a vicenda, in quanto la prima è da ritenersi, nel caso teodorino, una definizione di carattere politico-amministrativo, dovuta, come si è visto alla ripartizione feudale dei territori sardi, mentre la seconda ha un valore principalmente culturale, demografico, linguistico.

Nel 1959, infine, i territori settentrionali di Posada si sono distaccati dal plurisecolare centro amministrativo attraverso la costituzione dei due comuni autonomi di San Teodoro e Budoni.

Dal 2005 San Teodoro è entrato a far parte della nuova Provincia di Olbia-Tempio.







 

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